Una cara amica e collega mi contatta su Whatsapp per farmi un resoconto della sua routine mattiniera alle prese con la complicata quotidianità che tutti noi ci stiamo ritrovando a vivere. Il suo messaggio prosegue con una proposta:
“Scriviamo un articolo sulla psicoterapia e il Coronavirus?”
Rifletto. L’idea mi piace.
Ci penso nuovamente e mi chiedo: “Cosa possiamo scrivere in questo periodo dove, anche noi professionisti della salute mentale, siamo messi alla prova? Cosa possiamo trasmettere positività e fiducia alle persone?”
Parlare di noi stessi equivale a parlare degli altri, perché mai come in questo momento siamo tutti veramente sulla stessa barca. La barca Italia che sta remando con furore per uscire da questa grande, dolorosa e complessa tempesta.
Le nostre paure sono le paure degli altri. Ebbene sì, anche gli psicologi provano e sentono la paura! Facciamo questo coming out!
Paura del tempo da gestire, da far scorrere. Paura nel tollerare l’incertezza del domani e di ciò che verrà.
Paura per i pazienti che accogliamo nei nostri studi e che ad oggi possiamo ricevere solo attraverso delle videoconferenze, ove possibile.
Questa modalità è inusuale per chi è del settore. Le differenze nella gestione del clima e del rapporto che si instaura tra paziente e terapeuta sono titaniche rispetto alle sedute in presenza.
Mai come in questo momento possiamo parlare di empatia, parola di cui spesso si abusa in modo poco ortodosso.
In questi tempi di COVID-19, l’empatia è il sentimento che può unirci più che mai in un vero e caldo abbraccio simbolico, nell’attesa degli abbracci reali e sinceri che potremo scambiarci una volta terminata questa tormenta.
Apriamoci per comunicare le nostre paure e le nostre incertezze. Condividiamo questi momenti di reclusione e di lacrime che viviamo dentro di noi.
Questo dannato virus ci sta dando un’opportunità più unica che rara: cambiare noi stessi nella nostra relazione con l’altro, aprirsi ad essere semplicemente quello che siamo nell’intimità con l’altro, ma soprattutto mostrare finalmente i nostri sentimenti e paure più autentici, che sono, mai come ora, così vicini e simili in ognuno di noi.
Questa è la sfida che possiamo cogliere e lanciare anche ai nostri pazienti all’interno di questo tempo sospeso.
Abitare la paura significa non negarla, quindi prenderne consapevolezza e comprendere quali effetti abbia su di noi. Ci permette soprattutto di chiedere aiuto, ai nostri famigliari, partner, amici e confratelli italiani. Confratelli mai così vicini come in questo momento.
Con-dividere significa proprio percepire meno angoscia dentro di noi.
Probabilmente solo in questo modo riusciremo a trovare il coraggio di superare, giorno dopo giorno, questa difficile prova che stiamo affrontando. Impareremo qualcosa di così prezioso e speciale, per noi stessi e per gli altri, che non ci abbandonerà mai più
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